top of page
  • Immagine del redattoreDCZ Penalisti Associati

Infortuni sul lavoro: una nuova prospettiva sul nesso causale

Aggiornamento: 17 set 2018

La Corte di Cassazione si è pronunciata sovente in tema di comportamento improprio del lavoratore infortunato e delle conseguenze sulla responsabilità che tale condotta può produrre per gli altri soggetti tenuti a garantire la sicurezza sul luogo di lavoro.


Il fatto

Interessante una decisione della Suprema Corte che, su questo tema, si è pronunciata sul seguente fatto.


L'operatore di una compattatrice di fanghi si è infortunato a seguito del contatto con le parti pericolose del macchinario, non fornito di adeguate protezioni. L’infortunio è, purtroppo, di tipo ricorrente: la mano del lavoratore, inserita nel macchinario in movimento, è rimasta schiacciata dalla pressa.


Sono stati per questo condannati il datore di lavoro e il Responsabile del Servizio di Protezione e Prevenzione.


I due imputati si sono lamentati della condanna al cospetto del giudice di legittimità osservando che l’infortunato era dipendente da molti anni ed era stato adeguatamente formato e istruito (sebbene lo stesso avesse negato tale circostanza). Per questa ragione era consapevole che non avrebbe dovuto rimuovere il carter di protezione né tantomeno inserire la mano all’interno degli ingranaggi.


Inoltre, dalle prove emerse nelcorso del processo, sarebbe risultato che l’infortunato avrebbe inserito la mano nella parte bassa del macchinario, dunque senza alcuna necessità legata al procedimento produttivo. Si sarebbe perciò trattato di un comportamento abnorme, del tutto eccentrico rispetto alle consegne impartite.


La decisione della Corte. La tolleranza delle prassi contrarie alla legge

I giudici di legittimità hanno preso atto che nel processo di merito era emerso che il compattatore era utilizzato "abitualmente" senza il carter di protezione e ciò sarebbe provato solamente da un secondo accesso dell’organo accertatore, successivo all’infortunio. Due accessi a distanza di tempo ristretto l’uno dall’altro, insomma, sono stati sufficienti per i giudici di legittimità per ritenere provata una prassi contraria alla legge.


Sul punto le contestazioni della difesa, che aveva addotto prove testimoniali per dimostrare che invece il carter era abitualmente inserito, sono state respinte perché ritenute censure di merito e come tali sottratte al giudice di legittimità.


Ciò ha consentito alla Corte di affermare, o meglio di ribadire, il principio secondo il quale è un preciso dovere del datore di lavoro quello di impedire l’uso di un macchinario privo delle necessarie protezioni.


Si ricorda che, secondo il costante orientamento giurisprudenziale, il datore di lavoro deve:

  • adottare macchine conformi ai requisiti di sicurezza;

  • emanare e pubblicizzare divieti di manomissione dei macchinari;

  • porre in essere una prestazione positiva e costante di vigilanza volta a prevenire eventuali lavorazioni pericolose da parte dei dipendenti.

In caso contrario si verifica quella situazione di tolleranza, da parte dei vertici societari, di pratiche imprudenti e negligenti che costituisce fonte di responsabilità.


Il comportamento imprudente dell’infortunato: una nuova prospettiva e una vecchia soluzione

È un argomento che si ripropone molto spesso nei processi penali e che negli ultimi anni ha visto prendere sempre più piede una nuova via interpretativa.


Come noto, il tema della valenza del comportamento colposo dell’infortunato si traduce in ambito giuridico sul piano dell’interruzione del nesso di causa. Le difese degli imputati, in altre parole, sostengono che la condotta imprudente del lavoratore costituisce una causa unica e sufficiente dell’evento che, come tale, nega ogni rilevanza agli altri fattori eziologici.


Questa tesi è costantemente negata dalla Suprema Corte, che attribuisce natura interruttiva della causalità soltanto ai comportamenti abnormi, del tutto eccezionali, assolutamente imprevedibili e non correlati allo svolgimento delle mansioni lavorative. Orientamento, questo, sempre criticato da parte della dottrina che ha evidenziato come la maggior parte dei comportamenti colposi dei dipendenti non possano mai essere considerati in astratto imprevedibili.


Si sta però consolidando un nuovo orientamento esegetico che, nell’ottica di "prendere le distanze dal tradizionale criterio della imprevedibilità del comportamento del lavoratore" pone l’accento sull’aspetto riguardante "l’attivazione di un rischio esorbitante della sfera governata dal soggetto agente".


Cosa significa tutto ciò?


Si dice che la condotta colposa del dipendente è abnorme non tanto quando è imprevedibile, ma quando è tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia, ossia il datore di lavoro e l’RSPP.


Il tema è in qualche modo legato a quello della c.d. concretizzazione del rischio: locuzione con la quale si vuole significare che le misure di protezione e prevenzione sono adottate al fine di neutralizzare il verificarsi di un certo, specifico rischio. Le barriere fotoelettriche a protezione delle presse, ad esempio, hanno lo scopo di evitare la presenza di persone in prossimità del macchinario durante il movimento del medesimo, sicché eventuali manchevolezze del sistema di prevenzione rilevano solo con riguardo a quei rischi e non altri.


Il concetto di rischio esorbitante o eccentrico si rifà a quello della concretizzazione del rischio e quindi vuole significare che la condotta colposa del lavoratore, per escludere la responsabilità di altri soggetti ed essere considerata causa unica dell’infortunio, deve fuoriuscire dall’ambito delle mansioni lavorative, deve insomma essere "avulsa dal procedimento lavorativo a cui (il lavoratore) è addetto".


Nella sostanza non cambia molto, anche se il mancato riferimento all’imprevedibilità della condotta dell’infortunato come elemento caratterizzante l’interruzione del nesso causale potrebbe lasciar presagire una maggiore elasticità di valutazione da parte dei giudici di merito.


La Corte ricorda però che le norme prevenzionali sono dettate per proteggere il lavoratore dalle sue eventuali negligenze o imprudenze e che in presenza di criticità del sistema di sicurezza approntato dal datore di lavoro, la condotta negligente dell’infortunato non potrà mai esplicare efficacia esimente per gli altri garanti.


Innanzitutto, quindi, si deve essere in regola; poi si potrà valutare l’eventuale rilevanza della condotta dell’infortunato.


A questo link la sentenza integrale.

bottom of page