DCZ Penalisti Associati
Il rischio da contagio batteriologico sars-cov-2 e l’aggiornamento dei DVR. Ma è obbligatorio?
In questo periodo di emergenza per la patologia denominata COVID-19 si assiste ad un proliferare di offerte per l’adeguamento del DVR da rischio di contagio da coronavirus (in particolare da sars-cov-2).
il datore di lavoro deve, oggi, valutare il rischio biologico per contaminazione da CODIV-19? Deve adottare misure prevenzionali all’interno del luogo di lavoro? Sarà penalmente responsabile per la malattia contratta dai suoi dipendenti?
Il rischio correlato alla patologia denominata CODIV-19 è di tipo batteriologico e deve essere inquadrato in una delle tipologie indicate nell’articolo 266 del TUS (presumibilmente di gruppo 3).
Gli obblighi correlati al rischio batteriologico sono previsti dal Titolo X del TUS e quindi “si applicano a tutte le attività lavorative nelle quali vi è rischio di esposizione ad agenti biologici" Ma quali sono le “attività lavorative nelle quali vi è rischio di esposizione ad agenti biologici”?
Si tratta di quelle attività che “comportano l’uso di agenti biologici”, così come espressamente sancito dall’articolo 269 TUS. Si tratta perciò di quelle attività che utilizzano direttamente gli agenti biologici per le finalità produttive (in senso lato). Laboratori di analisi di microbiologia, ospedali, industrie farmaceutiche e similari sono soggetti al rischio e, come tali, i datori di lavoro devono valutarne i rischi e adottare le opportune cautele.
Ma negli altri casi non c’è bisogno di un’autonoma valutazione del rischio batteriologico, che non è diverso da quello esistente al di fuori del luogo di lavoro.
In questo senso, peraltro, si sono già espressi alcuni enti pubblici.
Ora, è pur vero che il combinato disposto degli articoli 17 e 28 del TUS si riferisce a tutti i rischi come l’oggetto dell’obbligo di valutazione da parte del DL. Tuttavia è evidente che i rischi ai quali fare riferimento sono quelli collegati direttamente all’attività produttiva, vale a dire i rischi professionali di cui all’articolo 2 del TUS medesimo.
D’altronde, volendo fare una riflessione di buon senso, se fosse obbligatorio valutare il rischio da contagio da virus, perché non valutare anche quello da infezioni batteriche? E perché solo il virus Sars-Cov-2 e non anche tutte le forme influenzali o le altre patologie virali?
Le autorità sanitarie e amministrative hanno emanato provvedimenti per contenere la diffusione del virus: è evidente che queste regole vanno rispettate anche nel luogo di lavoro, ma senza che ciò comporti una autonoma valutazione del rischio. D’altronde, quali altre misure, oltre a quelle già determinate dalle autorità sanitarie, il datore di lavoro potrebbe immaginare?
Resta da valutare l’opportunità di un aggiornamento del DVR per quelle attività che, pur non comportando un uso diretto dell’agente biologico, espongono il lavoratore ad un rischio maggiore e più selettivo rispetto alla maggioranza della popolazione. Potremmo pensare, ad esempio, a coloro che devono consegnare materiale all’interno di laboratori batteriologici o ospedali o al personale addetto alle pulizie in quei luoghi, e via dicendo.
Da questo punto di vista, però, non cambia nulla rispetto al passato. La valutazione dei rischi congiunta da parte dei diversi datori di lavoro rimane la medesima, a prescindere dalla tipologia dell’agente batterico coinvolto. Il rischio al quale è esposto il lavoratore “esterno” è insomma, lo stesso di quello presente prima della proliferazione del virus che causa il COVID-19.